Nel folle volo – Intervista a Luigi Intoccia di Bianca Desideri

25.10.2012 15:51

 

A Luigi Intoccia, autore del libro Nel folle volo. I disturbi comportamentali dei nostri figli, edito da Cuzzolin abbiamo rivolto una serie di domande per meglio comprendere la genesi del volume e come sia possibile affrontare le situazioni di disagio in cui si trovano alcuni giovani nella famiglia, nella scuola e nella società.

 

Come nasce “Nel folle volo”…

Nasce dalla necessità di fornire informazioni complete sul rapporto genitori/figli, affrontando le problematiche legate sia ai comportamenti normali che a quelli patologici.

Quali sono i segnali attraverso cui genitori e docenti possono accorgersi che figli e alunni si trovano in una situazione di disagio personale od emotivo?

I segnali sono molteplici. Qualunque cambiamento comportamentale che perduri nel tempo deve essere tenuto sotto osservazione. Lo stesso dicasi per le condotte di isolamento, i cali improvvisi nel rendimento scolastico, l’insorgere di aggressività, stranezze negli atteggiamenti. Il fattore tempo è sempre importante: i cambiamenti di poco conto e per brevi periodi quasi sempre sono benigni, legati cioè alla crescita.

E’ necessario fare un’analisi della situazione familiare per comprendere le ragioni del disagio?

Sempre! I figli sono sempre la risultante dei comportamenti dei genitori soprattutto nei primi anni di vita. L’ambiente, le compagnie e la scuola possono avere notevole influenza sulla crescita di un individuo.

Quali sono gli errori più frequenti che i genitori pongono in essere dinanzi ad una situazione di difficoltà o disagio dei propri figli?

L’errore maggiore è fare finta di non vedere, far finta di non capire. Al contrario molti genitori divengono possessivi, iperprotettivi, soffocanti. Bisogna avere un grande equilibrio comportamentale nel gestire un figlio.

In che modo può legittimamente intervenire la scuola?

Creando un link costante tra gli insegnanti ed i genitori, dove discutere di qualunque stranezza comportamentale si verifichi. La scuola dovrebbe spingere alla socializzazione, alla gratificazione, alla responsabilizzazione dell’alunno, identificando i punti deboli ed i punti di forza del minore, per un’azione mirata sulla personalità e sui comportamenti.

E i servizi sociali? In particolare quali?

I servizi sociali penso debbano essere chiamati in causa solo nei casi particolarmente gravi, dove le famiglie sono disfunzionali, dove il substrato ambientale è compromesso.

Il disagio giovanile se non adeguatamente affrontato può influire per sempre sulla personalità e sulla vita dei giovani colpiti?

Non sempre. Personalmente credo che ogni individuo abbia una propria capacità di affrontare stress e frustrazioni, un soggettivo livello di sopportabilità al dolore emotivo. Alcuni crollano, altri restano in piedi. Ma nel dubbio penso sia sempre saggio intervenire, anche se solo a scopo preventivo.

Disagio giovanile e società: una ricetta per l’intervento…

Potrò sembrare antiquato, ma credo che i valori positivi siano sempre al primo posto tra le cose da insegnare. Il potere ed il denaro inebriano , ma non portano alla felicità. L’amicizia, la lealtà, la sincerità, la sana competizione, la disciplina e l’onestà sembrano valori obsoleti, ma fanno la differenza tra un individuo buono ed un cattivo cittadino. La società dovrebbe aiutare i giovani ad identificare le prospettive positive, quelle realmente costruttive, facendo capire che la vita è sacrificio continuo, cosparsa di frequenti ma brevi momenti di felicità. La società dovrebbe creare modelli positivi reali, raggiungibili e non fatui come vediamo in certe trasmissioni spazzatura dove un belloccio incapace diviene l’idolo delle folle. Sono i punti di riferimento che oggi mancano.

Cerca nel sito