NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA - LE TIGRE BLEU de L’EUPHRATE di Anna Maria Chianese Siena

07.08.2010 15:08

 

                                                           Oh! più felice, quanto più cammino

                                                           m’era d’innanzi; quanto più cimenti,

                                                           quanto più dubbi,quanto più destino!

 

                                                           Ad Isso, quando divampava ai vènti

                                                           notturno il campo, con le mille schiere,

                                                           e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.

 

                                                           A Pella! quando nelle lunghe sere

                                                           Inseguivamo, o mio Capo di toro,

                                                           il sole; il sole che tra selve nere,

                                                           sempre più lungi ardea come un tesoro.

                                                           (Pascoli – Alexandros)

 

 

Cos’ha di speciale, Alessandro, da esser cantato da poeti,chiamato Magno e  diventare una figura mitica, semidivina, che ha nutrito i sogni di generali e condottieri per millenni?

Non la sua origine: appartiene alla stirpe reale di Macedonia, un paese che conosce poco la libertà e per nulla la democrazia, vanto e gloria delle città greche.

Non il suo genio militare, per quanto eccezionale: gli si possono accostare nomi quali Annibale, Giulio Cesare, Saladino o Napoleone…

Non la vastità del suo impero, che superava di  poco le  dimensioni del preesistente impero persiano nel periodo della sua massima espansione.

Non l’eccezionale rapidità della sua espansione: anche Gengis Khan creò un impero ancora più grande, in pochi anni e quasi dal nulla.

Non l’essersi spinto fino in India, in un mondo che agli occhi dei Macedoni e dei Greci era avvolto nelle nebbie del mistero: lo stesso fece Giulio Cesare sbarcando nella quasi mitica Britannia, per non parlare dei tanti esploratori di tutte le nazioni e di tutti i tempi.

Infine, certo non il destino del suo impero, che  in pochi mesi dopo la sua morte, sotto l’azione sgretolatrice dei suoi generali, si frantuma in regni politicamente ispirati al dispotismo orientale.

Ma ciò che resta, e continua nella storia a rendere ‘uno’ il mondo che l’imperatore nella sua guerra non solo di conquista aveva voluto e saputo creare, è la comunione dei popoli in una nuova concezione di pensiero mediante il panellenismo, la diffusione della cultura greca nelle sue varie espressioni, dall’arte alla scienza alla filosofia, che si trasmetterà poi a  Roma con la conquista dell’Oriente.

Ecco su quali ineccepibili basi il giovane imperatore, leggendario per bellezza e coraggio, sete di conquista e di conoscenza, figura col nome di Iskandar nel libro dei Re, si confonde con Mosè nel Corano, è protagonista di opere quali Le Roman de Alexandre e di un libretto di Metastasio musicato da Paisiello, Cimarosa, Handel. La sua storia non ha mezze misure, né la sua vita privata, né quella di conquistatore nella quale una mirabile complementarità tra le due culture, la greca e la macedone, si manifesta negli eccessi di spietato invasore e nelle raffinatezze di allievo di Aristotele che vorrebbe che il mondo ‘pensasse’ in greco e rispetta la casa di Pindaro nel radere al suolo Tebe in rivolta.

 

In tal senso egli è unico, nell’essersi posto come meta un sogno struggente nella sua temerarietà: modellare un mondo per il quale non accetta confini secondo un principio ispiratore che ne fonda le diverse culture in una koiné universale sotto un solo sovrano: colui che ha saputo crearlo e che, purtroppo, non avrà discendenti. Alessandro è l’uomo che ha cambiato la storia del mondo:  ci saranno    regni, imperi grandi e piccoli, guerre, popoli in ascesa e popoli in declino ma tutti quelli nati dal suo impero condivideranno la stessa civiltà, la civiltà ellenistica.

 

Durante una pausa della sua favolosa marcia di conquista Alessandro sposa la principessa Rossane, figlia del satrapo di Battriana e molti nobili macedoni seguono il suo esempio. Anche questi matrimoni vollero essere emblematici  della fusione tra le civiltà tanto ambita dall’imperatore ma furono le tante città da lui fondate, e soprattutto Alessandria d’Egitto, l’immensa metropoli e il più grande centro culturale di tutta l’antichità, il vero segno di espansione della civiltà greca nelle vaste, immense e fino ad allora immobili terre d’Oriente. L’impresa incomparabile di Alessandro fu quella di aver unito tutto il mondo conosciuto in un’unica civiltà la cui linfa vitale era di origine greca,anche se  le sue caratteristiche esteriori potevano essere di volta in volta egizie, babilonesi, fenicie, persiane, e più tardi romane: una linfa  che i popoli che entravano a farne parte assorbivano  contribuendo a porre il sale del pensiero e della scienza greci, grazie alla mediazione dell’impero romano, alla base dell’odierna civiltà europea: nel suo rendez-vous con la morte a Babilonia,la favolosa capitale del suo impero, è su tutto questo che  egli può contare per meritare i suoi titoli e sua gloria.

Lungo e appassionato momento della resa, dei conti delle memorie dei sogni e della vita, la morte di Alessandro è il tema de Le Tigre bleu de l’Euphrate, spettacolo presentato al Maschio Angioino  dal Napoli Teatro Festival Italia,     splendida prova d’autore (Laurent Gaudè),  di attore (Tcheky Karyo), di regia (Michel Didym); in una parola, di teatro.

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