Napoli ricorda il cittadino Francesco Rosi

20.03.2015 13:27

Dopo il commovente saluto alla Casa del Cinema di Roma, allestita da camera ardente per l'occasione, anche Napoli ha voluto commemorare degnamente il grande regista Francesco Rosi, scomparso all'inizio di quest'anno all'età di 92 anni.

Nella suggestiva Sala dei Baroni del Maschio Angioino, alla presenza di Carolina e Massimo Rosi, figlia e fratello del Maestro, di Luca De Filippo e di una moltitudine di cittadini partenopei, il Sindaco Luigi de Magistris, l'Assessore alla Cultura Gaetano Daniele, lo scrittore Raffaele La Capria, i registi Mario Martone, Roberto Andò e Giuseppe Tornatore hanno reso omaggio al cineasta partenopeo.

Attraverso le parole degli intervenuti Napoli si è riappropriata di un po' del suo orgoglio; Francesco Rosi, come ha ricordato in un messaggio inviato per l'occasione il Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, “fu un napoletano verace, legato alla città da mille fili ed è giusto ricordare la sua opera come una manifestazione di quel crogiolo di cultura e civiltà che è la nostra Napoli”. Non a caso la scelta della location è caduta sulla Sala dei Baroni, luogo simbolo del potere e dell'intrigo politico che aveva stregato lo stesso Rosi, convincendolo a girarci alcune delle scene più significative di Le mani sulla città, forse il più rappresentativo, tra i suoi capolavori, di quel linguaggio cinematografico inventato da Rosi ed ormai identificato come cinema d'inchiesta.

A restituirci un ritratto di Francesco Rosi regista, gli interventi di Roberto Andò e Mario Martone, mai paternalistico o affettato, nei loro ricordi il “Professore”, come veniva chiamato nell'ambiente, era uno che parlava in maniera diretta, uno ossessionato dalla necessità di ritrovare il filo perduto della storia civile e della società che voleva raccontare.

Nelle parole di Giuseppe Tornatore, invece, il profilo più intimo dell'uomo che aveva l'abitudine di andare al cinema spessissimo e di chiamare personalmente i registi suoi colleghi per congratularsi dei film che lo colpivano. Francesco Rosi è stato un grande lavoratore, infaticabile sul set e fuori, la sua ricerca spasmodica della “conoscenza del contesto”, afferma Tornatore, è certamente la sua più grande eredità, il modo in cui ha raccontato il contesto nei suoi film, ha dato al pubblico la possibilità di poter immaginare la verità, lasciandogli tutto il potere. Un potere che rende i film di Rosi utili, non solo per il momento storico, ma per sempre.

Tuttavia è stato Raffaele La Capria, amico fraterno di Rosi, a condividere con tutti il ricordo più toccante della commemorazione, quello che consegna il genio alle future generazioni: “camminavamo per Via Margutta a Roma e sentivamo di notizie che venivano su da Napoli, che la città si stava trasformando sotto le mani di costruttori che volevano renderla simile ad altre città tutte uguali nel mondo, per Franco rischiavamo di perdere l'immagine primaria di Napoli, quell'immagine della cartolina con il Vesuvio ed il pino come sfondo che è, poi, l'immagine mentale di tutti noi, così   è nata l'idea di Le mani sulla città, dopo la notizia del crollo di un palazzo, e così io ho capito oggi, dopo la sua morte, un'idea di grandezza di Rosi che mi è sfuggita per quasi ottant'anni della nostra amicizia”. 

Una menzione particolare va anche al video “Citizen Rosi, omaggio ad un grande maestro di cinema” a cura dell'Arci Movie e con il montaggio di Giovanni Bellotti, che rende bene quell'idea di utilità e senso civico che ha reso Francesco Rosi un'icona dell'arte impegnata.

 

Rossella Marchese

 

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