La leggenda di E. A. Mario, il musico della Grande Guerra

24.07.2015 18:33

Giovanni Ermete Gaeta, fu questo il vero nome di uno dei più grandi parolieri che l'Italia ricordi nella prima metà del Novecento, autore di celebri canzoni quali Santa Lucia luntana, Profumi e balocchi, Vipera,  Rose rosse, O' Paese dò sole, solo per citarne alcuni, ma E.A. Mario fu soprattutto l'“aedo” dei soldati e dei grandi eventi patriottici.

Era il poeta dei marinai, dei bersaglieri e dei fanti, il cantore della Canzone di trincea, di Ci rivedremo in primavera, della Marcia d'ordinanza della Marina (rimasta immutata sino ai giorni nostri), di Ho sognato un bersagliere e tante altre composizioni popolari che tutta l'Italia canticchiava, nonché creatore di musica e parole della Leggenda del Piave, il cui successo lo trasformò in uno dei più applauditi e determinanti protagonisti della generazione della Vittoria.

A Cento anni dalla Prima Guerra Mondiale non c'è, forse, storia più bella e significativa, sorta dalle ceneri di quel periodo, di quella del giovane scrivano postale Giovanni Ermete Gaeta che appena ventenne, nel 1904, incontrò in un ufficio postale di Napoli il noto musicista Raffaele Segrè e lo apostrofò rimproverandogli di essere un paroliere per nulla all'altezza delle musiche che componeva, così nacque come una sfida la loro duratura collaborazione ed il primo successo di Gaeta, Cara Mamma, con la musica di Segrè. 

Lo pseudonimo E.A. Mario, apparentemente strano e privo di senso, arrivò poco dopo e non fu affatto casuale; Giovanni Gaeta amava la poesia più d'ogni cosa e scriveva versi in vernacolo partenopeo con lo pseudonimo Ermes, per “Il Lavoro” ed “Il Ventesimo”, due riviste il cui redattore capo era il poeta Alessandro Sacheri, così mise assieme la A di Alessandro, la E di Ermes, mentre Mario venne fuori dal nome della scrittrice polacca Mario Clarvy che lavorò con lui al Ventesimo.

«E.A. Mario, una diavoleria complicata che ha fatto tanto farneticare i curiosi», così definiva se stesso.

Quando scrisse La Leggenda del Piave, si racconta che lo fece di getto, nella notte tra il 23 ed il 24 giugno 1918, sui moduli di telegramma delle poste, e quello a cui diede vita fu un grande esercizio di retorica patria che potrò orgoglio e morale alto non solo alle truppe ma a tutto il popolo italiano che aveva ancora vivissimo il ricordo di Caporetto; con la sorprendente personificazione del fiume “sacro” che dalle Alpi Carniche scorre fino all'Adriatico, il suo mormorio muta in piena travolgente e diviene inno per tutto un popolo che da nord a sud canticchierà sempre i famosissimi versi.

Ma E.A.Mario non fu solo un eccellente compositore, fu anche un saggio che rimase fedele alla sua arte anche quando De Gasperi, molti anni dopo la battaglia del Piave, gli chiese di progettare un nuovo inno per l'Italia, che potesse sostituire l'ancora a quel tempo provvisorio inno di Mameli e che avesse determinati connotati ideali, magari vicini a quelli della Democrazia Cristiana. Il cantautore partenopeo rifiutò gentilmente e continuò ad occuparsi di versi fino alla morte che lo raggiunse a Napoli nel giugno del 1961 nel giorno del suo onomastico, trovandolo per nulla ricco; aveva venduto già da tempo i diritti di tutte le sue canzoni ad una casa editrice di Milano per una grave malattia della moglie.

Il musico dei soldati non percepì mai un soldo di diritti d'autore, le medaglie d'oro che aveva ricevuto dai Comuni del Piave, da associazioni combattentistiche e da singoli privati, le donò “alla patria”, come si diceva allora, nel novembre del 1941.

Così la Grande Guerra non è stata solo il teatro di orrori per 6 milioni di italiani che hanno partecipato al conflitto, con più di 750mila morti ed una distruzione che ha segnato profondamente la storia sociale e politica del paese, nonostante la vittoria; essa è stata anche terreno fertile per il riscatto sociale seguito alla fine degli scontri ed a cui il poeta E.A.Mario ha contribuito con le parole delle sue canzoni, napoletane e non, divenute nel mondo segno tangibile di quel “made in Italy” fatto anche di musica e pensiero.

 

Rossella Marchese

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