Il poeta Antonio Ruggiero si rivela nella sua ultima opera

12.06.2015 10:09

Pruciesse 'Nparaviso è il poemetto in vernacolo napoletano di Antonio Ruggiero, uscito per la prima volta nel 1993 ed oggi, a distanza di 22 anni, finalmente ristampato; ed è stata proprio questa l'occasione che ha reso possibile il colloquio con il poeta incontrato nella casa del libero pensiero, l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, a margine del convegno organizzato dall’Associazione Culturale “Napoli è”  sul tema “La Napoli dei Sedili: tra storia e architettura” a conclusione del quale Ruggiero ha portato in dono all’avv. Gerardo Marotta una poesia celebrativa in onore dei 40 anni di operato dell'Istituto stesso.

Così quella che doveva essere una semplice intervista rispetto alla recentissima ristampa della sua ultima raccolta di poesie, si è trasformata in un vero e proprio racconto in cui voce narrante, protagonista ed autore si sono fusi in un'unica entità che non ha bisogno di domande a cui rispondere per svelare se stessa.

 «Io sono un poeta autodidatta, che ha sempre pensato i suoi versi direttamente in lingua napoletana, questa è la mia natura e mai riuscirei ad essere diverso da ciò che sono»; con queste parole è iniziato il racconto di Antonio Ruggiero, una fotografia chiara su quello che egli è. E da un'immagine all'altra la sua storia si è dipanata nel tempo, secondogenito di undici figli, in una famiglia dominata dalla figura della madre, da giovane  è stato militante del Movimento dei Disoccupati a Napoli, nel pieno fervore degli anni '70 e poi, come con un cambio repentino di rotta, assunto al Banco di Napoli, dove ha lavorato per 30 anni; «ho sempre coltivato in solitudine la passione per gli studi e soprattutto la predilezione per un certo tipo di letteratura romantica, Dumas, Hugo, Goethe», confessa sorridendo, e pare proprio che sia quella la fonte da cui ha appreso che la potenza artistica sta tutta nella rappresentazione figurativa.

E così, esattamente come un pittore, o meglio, forse, come un fotografo, Antonio Ruggiero ha catturato le immagini che di volta in volta gli rimanevano impresse nella mente, memorizzandone con nitidezza i contorni e poi, con l'unico possibile ausilio della lingua napoletana ne ha fatto delle istantanee in versi, in cui si sente fluire il parlato dei vicoli di Napoli, i colori delle strade e dei balconi,  la musica, il bello e il brutto che in questa realtà convivono.

Filosofia e realismo, spiega il poeta, si scontrano con la commedia e con il melodramma che egli stesso ci fa intravedere attraverso lo sguardo di Battistiello l'imbianchino, spettatore d'eccezione di Pruciesse 'Nparaviso; figure che si muovono sul suo palcoscenico d'eccezione, un Eden governato da un “Padreterno” che volentieri si presta ad essere messo in dubbio per il metro di giustizia, tutt'altro che trascendente, che utilizza nel soppesare le anime.

Come a teatro, Battistiello assiste allo spettacolo drammatico e tutto umano della resa dei conti, ma il poeta è così bravo a tratteggiare in versi i suoi personaggi che le emozioni dei lettori-spettatori si mischiano irrimediabilmente alla musicalità del dialetto, riuscendo coinvolgente anche per chi non ha familiarità col vernacolo napoletano.

«Se dovessi cercare un'affinità, direi che la mia arte mi rende più simile ad un fotografo che ad un pittore, proprio perché il verso esprime ciò che io ho impresso con gli occhi nella mia mente»; tuttavia chi leggerà Pruciesse 'Nparaviso non potrà non riconoscere anche la mano del pittore che su quel quadro realista tratteggia mettendoci del suo, magari l'ironia, come suggerisce Vittorio Paliotti nella prefazione al libro, o magari al lettore il piacere di scoprire altra chiave di lettura.

 

Rossella Marchese 

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